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RICORDI IN FAMIGLIA - Mario Vassallo

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RICORDI IN FAMIGLIA


RICORDI IN FAMIGLIA

RICORDI IN FAMIGLIA
Nel mondo dei nonni
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Avrei potuto scegliere qualsiasi altra foto, ma ho ritenuto di utilizzare questa, perchè è un po' il simbolo delle mie origini:
i miei primi passi su quella che è sempre stata la mia casa, l'Andora di quando sono nato, con mia nonna Rina che mi ha trasmesso l'amore per le tradizioni.


Nella mia generazione, chi come me appartiene ed è cresciuto in una famiglia contadina è stato tra gli ultimi ad assaporare e vivere direttamente le testimonianze di quello che era il mondo contadino, un insieme di abitudini, tradizioni, gesti e comportamenti di tutti i giorni che la successiva e rapida modernizzazione ha trasformato, spazzando via quasi tutto ciò che apparteneva al passato, di cui si preservano i ricordi.
E proprio i ricordi, col passare del tempo si allontanano, svanendo, finendo dimenticati nell’indifferenza.
Anche piccole cose hanno contribuito a segnare le vite ed insegnare alcuni valori a molti di noi.

I bimbi degli anni Settanta sono cresciuti in un mondo pieno di colori, dalle sfumature pastello dove si mettevano in mostra quelli sgargianti.
Poi tutto è cambiato, i colori sono diventati intensi, quasi artificiali, pieni di riflessi e luccichii, nell’insieme privi di risalto se non quelli esaltati e spinti con le impostazioni dalle mode del momento.
Il passatempo era stare insieme, e non essendo troppo importante cosa si facesse, ma trovando il modo di inventare e improvvisare gioco e intrattenimento con la semplicità dello stare in compagnia e sfruttare quanto di occasionale di trovava o aveva a disposizione.
Il tutto ha coperto il niente, lasciando enormi vuoti inosservati e dimenticati.  
 
Mi sono fermato a cercare di ricordare, accorgendomi di non aver dimenticato e, per una volta, ho voluto non dedicarmi solo alla raccolta generale dei ricordi degli altri, della storia, dei documenti, ma semplicemente riportare qualcosa che mi appartiene e di cui ho fatto marginalmente parte: quotidianità che mi sono state tramandate in famiglia e che ho avuto la fortuna di poter vivere direttamente, mentre stavano gradualmente e repentinamente scomparendo, ma che mi hanno in qualche modo accompagnato fino ai 10-12 anni, segnando la mia infanzia e determinando ciò che sono e chi sono diventato.
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Ho sempre osservato, tanto e attentamente, tutto ciò che mi circonda e le persone incontrate o più semplicemente che mi trovavo attorno, cercando di memorizzare quanto più possibile dei loro comportamenti, le abitudini nei vari periodi.
Ho provato a ricordare i tempi passati, quelli di un’epoca più recente, sfruttando il mio oltre mezzo secolo d’età: più di 50 anni in cui, da quando ero bambino, ho sempre prestato attenzione a ciò che mi succedeva intorno, osservando le persone, i loro comportamenti, i cambiamenti che sono avvenuti e ciò e come le persone hanno contribuito agli stessi.
Nella maggioranza dei casi si tratta di osservazioni legate a particolari che si ricordano con un sorriso, magari un po’ malinconico; altri, invece, sono considerazioni più realistiche e proprio per questo tendenzialmente più dure da accettare, ma che comunque fanno parte di ciò che è successo, indipendentemente dalla sfaccettatura di lettura che gli si voglia attribuire.
Molto ci sarebbe da dire e da ricordare, ma da buon ligure che non si smentisce mai, ritengo di presentare alcune osservazioni su ciò che ha caratterizzato la figura tipica dei “bagnanti” che frequentavano i nostri luoghi, assolutamente senza alcuna intenzione di offendere o discriminare qualcuno e/o di creare polemica, ma semplicemente disegnando con i ricordi di quando ero bambino le persone con le quali sono armoniosamente cresciuto, molti amici cari e sinceri, di cui alcuni non ci sono più, lasciando profondi ricordi ricchi di affetto da parte della loro consapevole e spesso divertita figura di “foresti”, che hanno calcato l’Andora del passato, contribuendo attivamente al contesto ed agli sviluppi economici e sociali locali di quei tempi passati.
Egoisticamente, richiamando gli immortali ricordi, un malinconico sospiro accompagnato dalla tipica nostra accorata esclamazione: “belìn che tempi!!”.
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LA CUCINA DELLA NONNA
ALTRI TEMPI .....
ATTREZZI DI USO QUOTIDIANO
ANIMALI DOMESTICI
QUANDO C'ERANO LE STAGIONI
I BAGNANTI E GLI ANNI '70 - '80 - '90
Foto fornite da Maria Cipolli, Arcangela Infurna, Sandra Mattei, Ovidia Siccardi, Mario Vassallo
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Sono rimasto affascinato da “Tempi da Luvi” di Luciano DABROI, un progetto di cui avevamo parlato assieme anni fa durante le nostre avventure di condominio: lui mi aveva accennato e chiesto informazioni per impaginare la realizzazione di un “librèttu de nesciàie” (come lui lo definiva) con l’inserimento di fotografie di particolari delle sue pregiate raccolte e di antichi e tradizionali strumenti quotidiani; io gli avevo accennato a voler fare una pubblicazione fotografica sulle chiese della vallata.
Alla fine entrambi non abbiamo fatto quello a cui pensavamo e, comunque in parte, per quanto mi riguarda, ci hanno pensato ottimamente Don Umberto COSTA e Marino VEZZARO.
Tuttavia ho riscoperto nei racconti di Luciano sull’ambiente passato di Rollo, quello che io rivivevo nei racconti di mio papà Berto sulla Marina, sulla “ciassètta” e sulla parte di piana in generale compresa a Levante del Merula, fino alla ferrovia.
Racconti semplici, episodi di vita vissuta, testimonianza di un tempo passato che non ritorna.

Ho trascorso otto anni della mia vita scolastica a vedermi correggere le “inflessioni dialettali” che scrivevo un po’ ovunque: la maestra Linda, prima, e la prof. di lettere Annamaria, poi.
Nelle scuole superiori sono riuscito ad eliminare quei fastidiosi ed antipatici segni rossi di correzione, mantenendo dentro me stesso le origini dell’insegnamento parlato, del mio dialetto.
Volendo riportare e raccontare le storie di mio papà Berto, posso e devo scrivere come ho imparato a parlare da bambino, per non modificare il significato affettivo che tali ricordi vogliono trasmettere.


Con papà.
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I RACCONTI DI PAPÀ
I RACCONTI DI PAPÀ
MOLINO NUOVO E LA FAMIGLIA SICCARDI
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Ricostruzione effettuata per sovrapposizione tra Mappa Catasto Napoleonico e foto aerea GoogleEarth

Molino Nuovo è tra le antiche Borgate quella di origine più recente, essendosi formata a partire dalla fine della seconda metà dell’Ottocento.
Sino a tale periodo, infatti, la Borgata Duomo comprendeva un po’ tutta l’area territoriale fino all’alveo del Torrente Merula; le case che costituiscono oggi Molino Nuovo non esistevano e anzi, la sponda dell’alveo stesso del torrente oltre le stesse, bene oltre l’attuale strada via Molineri ed in prossimità dell’incrocio con “u Besàgnu” era presente un isolotto fluviale.
Nel Settecento, Angelo Maria Anfosso costruisce un mulino da grano (testimoniato già nel 1750) che Gio Batta Anfosso in procura del padre Angelo Maria affida in affitto a Giuseppe Siccardi nel 1798.
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“Nel nome del Signore Iddio sia
Il cittadino Giò. Batta Anfosso del cittadino Angelomaria come Procuratore del detto citt.o suo Padre alla forma del suo mandato di procura, che dicesi rogato dal Not.o Giuseppe Gaggino l’anno 1798: 6: Giugno colla facoltà alle cose inf.to
constituito alla presenza di me Not.o e de testimoni inf.ti
spontaneamente ed in ogni miglior modo
valendosi della facoltà conferitale in sudetto instrumento di procura, o’sia estendendo il suo voto dichiara di voler avere la facoltà alle cose inf.te
Sucessivamente appiggiona, ed a’ titolo di locazione dà, e concede al c.o Giuseppe Siccardi di Angelomaria presente, che accetta un suo molino da grano denominato il molino nuovo situato nel distretto di questa Borgata del Domo in vicinanza della fiumara sotto suoi notorii confini, ad avere, godere, tenere, e possedere al detto titolo, per anni quatro prossimi avvenire principiati di 25: dal corrente, il possesso, per l’annua piggione di lire trecento m.ta di Genova corrente g.ni c.co, quali lire trecento annue esso Siccardi promette dare, e pagare al detto Anfosso di sei in sei mesi d’ogni anno, ed infine di ciascun’anno durante detta locazione, in pace, e senza lite sott’obligo
col passo appresso che detto Anfosso debba fabricare un sito sopra detta casa del molino tosto che potrà, e fratanto che debba servirsi esso Siccardi d’unna porzione della casa di Terrusso
col patto altresi che detto Siccardi debba mantenere le bialere, ed attrezzi di detto molino nel stato, che si ritrovano al presente in tutto come dall’inventaro fatto dal Not.o Angelo Garassino di mastro Antonio di consenso delle parti, quale è del tenore seguente cioè
una ruota £ 140:0:0
albero di detta ruota £ 30:0:0
canale, e canalotto £ 4:0:0
……”

Nell’atto stipulato dal Notaio Guardone, si fa riferimento a “un suo molino da grano denominato il molino nuovo situato nel distretto di questa Borgata del Domo in vicinanza della fiumara sotto suoi notorii confini”.
L’accordo contrattuale prevede anche che Anfosso si impegna a dotare il molino di un ulteriore piano da destinare in parte all’abitazione del Siccardi.
La famiglia Anfosso, un tempo proprietaria del mulino a vento ormai in disuso (considerato il “mulino vecchio”), posizionato sul Poggio Ciazza costruisce, quindi, un “mulino nuovo” e tale evento segna probabilmente l’indicazione dei nomi in modo talmente marcato che il luogo stesso prende una nuova denominazione di riferimento nell’uso popolare diventando il “molinovo” (“u muŗinövu”).
Il “molino nuovo” sorge direttamente all'interno del greto del torrente Merula, non lontano dalla Villa Musso.

All'inizio dell’Ottocento, avviene un evento calamitoso di enorme entità che crea piogge torrenziali, smottamenti, frane e deviazione di alcuni tratti del torrente, il quale con i suoi straripamenti porta via interi edifici e modifica l'andamento e la posizione dell'alveo del torrente Merula.
In particolare, distrugge accentuatamente il “molino nuovo” degli Anfosso, gestito dalla famiglia Siccardi, il quale viene rapidamente ricostruito ed ampliato, mantenendo la precedente gestione.
E’ tale evento che genera la delimitazione delle nuove “linee arginali” del torrente Merula, che vengono cartografate nelle mappe del “Catasto Napoleonico”, con indicazione degli isolotti fluviali all’interno dell’alveo.
A seguito delle modifiche territoriali dettate dai ripetuti straripamenti torrentizi, quando vengono effettuate le mappe napoleoniche nel 1811, si riscontra uno di questi isolotti in particolare, che in quegli anni passa di proprietà alla famiglia Siccardi.
In tale periodo, come rappresentato sulle mappe catastali napoleoniche, compare già quello che sarà il “gumbo di Rafè”, una recente costruzione della proprietà della famiglia Musso, mulino ad acqua servito dalla “beŗa”.
I Siccardi, nel giro di pochi anni, edificheranno un nuovo “gumbo”, un nuovo “molino nuovo” sulla loro proprietà, in prossimità di uno slargo che veniva utilizzato per la lavatura delle materie prime, diversificando stabilmente il proprio operato con l’attività di “bottegai” a partire dal 1822 (attività alternativa e provvisoria che era stata intrapresa parallelamente per attenuare la pesante perdita dovuta al danneggiamento dell’originario “mulino nuovo” degli Anfosso).

Il nuovo “gumbo” soffre periodicamente i capricci del torrente Merula, il quale talvolta straripa “isolandolo” in mezzo al corso d’acqua e rendendolo raggiungibile mediante una tipica “sĉcianca” (cioè una sorta di pontile/passerella in legno), che nei periodi “di normalità” viene utilizzata come semplice rampa di manovra per le operazioni di movimentazione dei carichi (soluzione parzialmente presente anche nel non lontano “gumbo di Zanzi” - ex "gumbo Anfosso" un tempo gestito dai Siccardi).

Ma il territorio nei dintorni sta cambiando, venendosi a creare un progressivo fenomeno di interramento/riempimento che riduce un tratto di alveo del Merula, consolidando ed ampliando la continuità dell’estensione terriera ai piedi della borgata del Duomo, creando la superficie degli appezzamenti terrieri sui quali, tra pochi decenni, sorgerà gradualmente, ma in modo rapido, la nuova borgata di Molino Nuovo.

L’attività di frantoiano è quella commerciale prevalente nell’entroterra, dove si sfruttano le risorse idriche rappresentate dall’alveo del torrente Merula e dei fossati laterali che scendono dalle varie vallette.
Il Merula condiziona la vita agricola, perché spesso straripa, inondando i terreni coltivati: i proprietari ed utilizzatori hanno imparato a convivere e sfruttare le periodiche esondazioni, come anticamente avevano fatto altri popoli, traendo giovamento ed utilità da fenomeni periodici che sarebbero stati diversamente solo dannosi per la sopravvivenza in luoghi pianeggianti lungo i corsi d’acqua.
L’abbondanza di “prese” idrauliche favorisce il proliferare dei “gumbi”, che in queste zone possono alternare, e talvolta sostituire, la forza motrice animale con quella garantita dei flussi idrici.
Nascono così vari frantoi, tra loro anche piuttosto vicini, e nella zona ai piedi della borgata Duomo si verifica un incontro di situazioni che agevolano l’opera di tali attività: il torrente Merula, la “beŗa”, ovvero la canalizzazione proveniente da Stellanello che alimenta tutti i “gumbi” sulla riva a ponente del Merula stesso, il rio Duomo con la “piccola beŗa” che scende dalla valletta di Duomo.
Senza dimenticare il non lontano rio Negri e la canalizzazione che da esso diparte, che pure alimenta almeno un paio di “gumbi” nella zona di fronte alla borgata Duomo, sul versante opposto al torrente, tra le borgate Negri, Costa dei Galleani e Metta, nelle vicinanze della Chiesa Parrocchiale di San Pietro.
In questo modo, oltre a “gumbi” famigliari, di ridotte dimensioni, nascono e lavorano il frantoio dei Musso (ex “gumbo di Rafè”) poco lontano e di fronte al “molino nuovo” dei Siccardi, il “mulino di Zanzi” (ex "gumbo Anfosso" un tempo gestito dai Siccardi e successivamente noto come “gumbo di Testa”) ed un altro mulino, poco entro la valletta di Duomo.
Il frantoio dei Musso è alimentato dalla “beŗa”, il “molino nuovo” dei Siccardi è alimentato direttamente dal torrente Merula, quello “dei Zanzi” è alimentato dalla “beŗa” e dalla “piccola beŗa” che scende parallelamente al rio Duomo, la quale alimenta anche il mulino immediatamente più a monte.
Intorno a questa rete di frantoi, si sviluppano gli insediamenti abitativi, spesso strettamente legati alle conduzioni delle attività svolte: la borgata Duomo si estende fino a “u Besàgnu”, con l’edificio che ripercorre Villa Musso e le case che determineranno “u Giardìn” (ex Caserma dei Carabinieri).


Caserma dei Carabinieri nella zona chiamata "u Giardìn"

Ma non esiste ancora Molino Nuovo e siamo già alla prima metà dell’Ottocento.
La famiglia Siccardi è numerosa, un po’ come tutte le famiglie dell’epoca ed al proprio interno ha due “ramificazioni”: una più “commerciale” ed una più “contadina”.
Il “ramo commerciale” risiede tra Duomo e Costa dei Galleani (che nella prima metà dell’Ottocento è la Borgata edificata più grande della zona dopo Duomo), mentre il “ramo contadino” si stanzia tra “Murteu” (Moltedo) e “Ciàn rùssu” (Pian Rosso), salvo emigrare successivamente dal territorio andorese.
Nella conduzione del “molino nuovo”, affidata dagli Anfosso ai Siccardi, a Giuseppe Siccardi succede il figlio Francesco (che sarà indicato sull’atto di morte quale “gabellotto” proprio in virtù dell’occupazione lavorativa esercitata).
Dopo l'avvenuta parziale distruzione e successiva ricostruzione ed ampliamento del "mulino nuovo" degli Anfosso, con la remunerazione di tale attività il ramo della famiglia Siccardi (già abitante nei dintorni), ricostruisce il "molino nuovo" e vi si stabilisce in modo fisso e, con Angelo (figlio di Francesco), nel 1822 diventano stabilmente “bottegai” e successivamente “tabaccai”.
L’attività di frantoiani sarà cessata dalla famiglia Siccardi intorno al 1845 per dedicarsi esclusivamente a quella di bottegai, e con i proventi delle due attività viene portata avanti l'ampliamento e la trasformazione (iniziata circa nel 1835) del "mulino nuovo" in quello che diventerà il "Palazzo Siccardi", sul podere di proprietà che intanto diventa stabilmente parte della “terraferma” a causa di altre modifiche territoriali conseguenti a ripetuti eventi alluvionali.
Sarà completato nel 1870, dando il via alla nascita dell’edificazione che porterà alla formazione della borgata di Molino Nuovo, giungendo pressochè intatto fino ai giorni nostri con la sede dell’Ufficio Postale per un periodo, e la storica rivendita di alimentari-tabacchi-pasticceria di Angioletto "u Ciŗinèu".


Il "Palazzo Siccardi" nei primissimi anni del Novecento
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LA FAMIGLIA SICCARDI
LA FAMIGLIA SICCARDI
MATRIMONIO DI SICCARDI ROSANGELA
Galleria fotografica in occasione del matrimonio di Rosangela Siccardi, celebrato da Don Ambrogio Perato nella Chiesa Parrocchiale di San Pietro, permette di "incontrare" la vecchia Molino Nuovo, con la presenza di molti componenti delle antiche famiglie del posto, provenienti e abitanti in allora nelle Borgate di Molino Nuovo e Duomo.
Foto per gentile concessione Iva Gianvito Pettinella

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Un ramo della famiglia Siccardi, la famiglia che da due secoli porta avanti l’attività commerciale andorese più antica giunta ai giorni nostri, mezzo secolo fa decide di dedicarsi ad un altro settore, quello dell’abbigliamento.
E’ così che Gianfranco, figlio di Angioletto e Amelia, con la moglie Francesca, decidono di aprire un negozio dedicato all’abbigliamento femminile, in un locale prospiciente la via Aurelia, in un complesso immobiliare di recente costruzione.



Siamo nel 1972 ed il negozio viene dedicato alla primogenita della coppia, Ovidia: nasce così la “Boutique Lady Ovidia”.



I primi anni Settanta sono tempi duri, ma lo sviluppo edificatorio del centro cittadino, l’incremento turistico in fermento, l’ottima posizione che consente una forte visibilità, oltre all’offerta di un genere che mostra attenzione allo stile ed a linee con marchi famosi, consentono di raggiungere velocemente una affezionata clientela.
L’incremento turistico porta molto a puntare sul settore estivo dei costumi da bagno, che prende slancio dalla metà degli anni Ottanta e vede sino a tutto il decennio successivo la presenza in esclusiva di marchi di fama internazionale come il Gruppo Parah (linea di punta, accompagnata da Sabbia dedicata più alle signore e Off Limits dedicata più ad un pubblico giovanile) e Gottex (linea più sofisticata, spesso accessibile solo in tempi di saldi).
Il negozio si presenta con un arredamento “esotico” dalle forme molto inusuali:
  • il materiale principale è la canna di bambù, che caratterizza intelaiature ed espositori, unitamente ad elementi piani spatolati;
  • le vetrine sono caratterizzate da espositori con una pedana spatolata di forma geometrica curvilinea irregolare, perimetrate da telaietti in canna, i quali permettono di esporre i capi con un aspetto creativo ed accattivante, mediante il fissaggio con fili da pesca;
  • il soffitto e le pareti sono tinteggiati con colori che sfumano tra loro e sul soffitto, con delle corde marinare, sono appese delle grandi nuvole che schermano le luci;
  • il locale è dotato di due ingressi: quello principale verso la via Aurelia e quello secondario sotto il porticato sul fianco (questo accesso secondario sarà eliminato negli anni Novanta), che permettono un percorso di visita agevole anche nei momenti più affollati;
  • tra il camerino ed il retro è ricavato una sorta di salottino, dove ci si intrattiene, tra un cambio d’abito e l’altro, oppure dove si trascorre un po’ di tempo a chiacchierare se non ci sono clienti, sorseggiando insieme un caffè, una bibita, o gustandosi una coppa di gelato;



In questo periodo le due figlie ormai cresciute, Angelica e Ovidia, partecipano all’attività famigliare negli orari fuori dagli impegni scolastici e, in estate, si impostano aperture serali che, nei periodi centrali dei saldi, superano anche la mezzanotte.

  
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MARIO VASSALLO
17051 ANDORA (SV)
mv@mariovassallo.it
GEOMETRA
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